Dardalion

Da Miniature Fantasy.

“Su, sbrigatevi, mancano poche ore e tutto deve essere pronto per l'arrivo dell'ambasciatore del nuovo imperatore orientale, l'eccellentissimo Aki Shen Hurayagi il divino”: con queste parole Dardalion si congedò dai servitori del tempio intenti a lucidare a nuovo i marmi e gli arredi della sala delle udienze del grande edificio adiacente al sommo tempio di Pelor della città di Thule. Da quando aveva accettato l'incarico come Legato dello Splendente le sue giornate erano piene di incontri diplomatici, di abboccamenti con ambasciatori di città lontane e di interminabili ore passate seduto ad ascoltare le recriminazioni e le richieste di una pletora infinita di confratelli e semplici cittadini: quasi non aveva tempo per mangiare, dormire ed espletare le proprie funzioni corporali, figuriamoci per pregare. Attraversò a passo svelto l'atrio affollato di questuanti e novizi e imboccò il corridoio che portava alla torretta dove all'ultimo piano si trovavano le sue stanze private. Salì a due a due gli stretti scalini delle cinque rampe, congedò ringraziandolo Worel, il novizio assegnato per quel giorno alla vigilanza della sua persona e finalmente chiuse dietro di sè la porta massiccia della sua stanza da lavoro. Si sedette a riflettere un attimo sulla comoda poltrona di pelle dietro alla scrivania ingombra di carte, pergamene e tomi voluminosi, guardando le pareti completamente arredate con librerie traboccanti di libri rari e antichi arazzi. “Maledizione – pensò premendosi i pugni chiusi sugli occhi arrossati – lo Splendente dovrebbe concedermi giornate di 30 ore”. Si alzò di scatto e si diresse alla finestra che dava sul balcone deciso a far entrare l'aria frizzante di quel mattino primaverile. Appena la ebbe spalancata la stanza fu invasa dai suoni chiassosi della piazza del mercato sottostante, uno dei più ricchi e variopinti della grande città di Thule e di conseguenza dell'occidente: nelle bancarelle e nei negozi davanti ai quartieri del Sommo Tempio si poteva trovare tutto quello che si desiderasse, e somme di denaro piccole o grandi passavano di mano in mano ogni giorno. Diresse lo sguardo in basso a sinistra, verso l'angolo più lontano e al solito posto trovò la bancarella di Morluk: l'anziano speziale stava contrattando con un grasso mercante vestito alla foggia delle città del sud accompagnato da due armigeri. Provò pena per lui: era vedovo ormai da anni e viveva solo per il suo unico figlio, fratel Morluk. Già, proprio quel Morluk che aveva preso i voti soltanto un mese prima e che aveva tanto insistito per avere il suo primo incarico importante. Dardalion, dopo una settimana di suppliche, aveva accontentato quel simpatico ragazzo dagli occhi azzurro cielo e dal sorriso spontaneo e contagioso e lo aveva inviato alla foresta di Arborlon per convocare in città il suo vecchio compagno Misty Underwood, il Custode, che non vedeva ormai dalla conclusione della guerra contro i Tartax. Il Consiglio delle Nove Case aveva indetto per la Festa del Raccolto una settimana di festeggiamenti che sarebbe culminata con un grande torneo a cui avrebbero preso parte i più famosi avventurieri del continente occidentale, oltre ad alcuni guerrieri erranti provenienti da terre lontane attirati dai ricchi premi previsti per i vincitori. Sarebbe stata l'occasione per riabbracciare i vecchi compagni, conosciuti dal popolo come “gli eroi dei dieci mondi” grazie alla canzone composta da uno dei bardi più famosi (e ricchi) Dirk ugola d'oro. Con Borcha, il fedele e leale guerriero che conosceva da quando erano piccoli, non mancavano invece le occasioni di incontro grazie al prestigioso incarico che aveva assunto nella guardia cittadina. Joaqim Indigo era una faccenda diversa: di lui non aveva saputo più nulla da quando aveva rifiutato la carica di Dragone, uno dei nove comandanti della Guardia Cittadina. Lui stesso l'aveva esortato a cambiare idea ma il mezzosangue aveva risposto di non essere fatto per una vita del genere e dopo averlo abbracciato alla maniera dei gladiatori aveva sellato il suo cavallo ed era partito verso oriente. Se doveva dar credito alle voci che giungevano con le carovane era stato messo a morte dal nuovo Khan dei Tartax. Restava Laradan, a sua volta una fonte di preoccupazione. La sua amica dopo molti mesi si era finalmente decisa a seguire il suo consiglio e aveva portato al Tempio la neonata che, a suo dire, aveva concepito con Belial, l'Arciduca Signore di Flegesto, il quarto dei Nove Inferi di Baator. Dardalion aveva passato molte notti popolate da incubi a causa di quella bambina dai capelli rossi come la fiamma e poteva solo immaginare cosa stesse provando la madre, ma il pericolo era troppo grande e l'amicizia in questo caso doveva passare in secondo piano. Laradan era entrata al Tempio all'alba del mattino precedente, da una porta secondaria, portando la bimba avvolta in un panno fine. Dopo un primo superficiale esame eseguito davanti all'altare aveva concordato con i suoi quattro confratelli scelti per saggezza e discrezione che la piccola non aveva anomalie, ma la prudenza suggeriva molte altre prove. Quando avevano chiesto a Laradan di affidare loro la figlia fino alla luna successiva questa aveva rifiutato seccamente, si era irrigidita e se ne era andata portando con se la bambina. Nel tardo pomeriggio del giorno successivo si era recato personalmente a cercare la sua amica, ma non era riuscito a trovarla in casa né in nessuno dei posti dove era solita recarsi e, cosa ancora peggiore, nessuno sembrava sapere dove fosse. Se qualcuno dei suoi confratelli avesse parlato l'emissione di un mandato di comparizione per Laradan e la figlia sarebbe stato solo questione di tempo. Pensò che il consiglio di Wood il Custode avrebbe potuto rivelarsi prezioso nell'esame della piccola creatura, ma il ritorno di fratel Morluk da Arborlon era previsto per la settimana precedente e i sacerdoti del Tempio iniziavano a domandarsi le ragioni del ritardo. Dardalion stesso stava meditando se mandare un altro confratello accompagnato da un paio di ranger o unirsi in prima persona alla spedizione. Stava valutando il da farsi quando sentì bussare alla porta. “Avanti – disse – che c'è ancora fratel Worel?”. Il giovane aspirante sacerdote entrò visibilmente imbarazzato, si schiarì la voce e parlò: “Perdona l'intrusione fratello Dardalion, ma ci sono cattive notizie da nord, nella marca della Cripta del Re”. “Coraggio, dal momento che sei qui, dimmi di che si tratta”. Worel si mosse sul posto, caricando il peso della persona da un piede all'altro e torcendosi le mani, visibilmente a disagio: “Il balivo di Tre Mulini è appena giunto in città ed è venuto al Tempio chiedendo protezione per la sua gente e l'invio della Guardia Sacra. Sostiene che l'altare di Pelor del suo villaggio sia stato profanato e che si siano verificate molte sparizioni fra i contadini delle fattorie più a nord e...”. Worel sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma si morse il labbro inferiore e tacque, esitando. “Su, non farti pregare, devo proprio tirarti fuori le parole di bocca? - mentre pronunciava queste parole sforzandosi di sorridere, ebbe un brutto presentimento. “Quasi sicuramente niente di importante, sono solo voci di contadini superstiziosi, vecchie leggende e spauracchi per donnette e bambini” “Dimmi – ordinò infine Dardalion – chi teme la gente di Cripta del Re?”. La risposta giunse in un sussurro, ma chissà come la conosceva già: “Il Lord di Dark Shadow”...