Borcha

Da Miniature Fantasy.

Garth, il tuo montone speziato arrosto è il migliore della città, ma mette una sete dei Nove Inferi”: il gigante con l’uniforme di ufficiale della Guardia cittadina si pulì le grandi mani unte di grasso animale al grembiule dell’oste che rideva per la battuta, alzò il boccale di peltro, lo portò alla bocca tirando indietro il collo poderoso e tracannò la birra scura con una sola sorsata. “Borcha, non dovresti bere così tanto, ricordati che non sei più un orso da taverna ma indossi i colori della Guardia, che penserà di te il tuo amico Dardalion?”. A intervenire fra le risate generali era stata una giovanissima cameriera, poco più di una bambina, tanto magra quanto era pingue suo padre, il gioviale Garth. “E va bene – rispose Borcha – a una dama come te non posso che dare ragione, e poi fra mezz’ora devo essere alle caserme a controllare che sia tutto pronto per l’arrivo delle nuove reclute dalla Marca della Cripta del Re a nordovest, forse fra tanti pisciasotto buoni solo a impugnare la zappa posso scovare qualcuno con la stoffa del guerriero, che magari un giorno verrà qui a rivendicare la tua mano”. L’ufficiale posò il boccale sul bancone di legno e dopo aver lasciato una manciata di monetine nel grembiule della fanciulla salutò tutti gli avventori e uscì all’aperto: mentre camminava con ampie falcate verso la porta Brightstorm, quella più a occidente della città di Thule, respirava profondamente l’aria fresca e pulita di quel mattino di primavera e iniziava a sentire il calore del sole appena sorto sulle spalle. Già da qualche settimana aveva iniziato ad allenarsi in vista del grande torneo che a breve avrebbe richiamato in città tutti i guerrieri e gli avventurieri più famosi: anche se non lo avrebbe ammesso neanche con se stesso per lui era un’occasione per sfuggire alla noia che aveva iniziato a insidiarlo negli ultimi mesi. Con i suoi compagni aveva vissuto un’avventura incredibile, sopravvivendo a insidie e pericoli che nella sua vita precedente non avrebbe neanche saputo immaginare, ma in quelle situazioni estreme si era sentito vivo come mai gli era capitato prima. Adesso tutto andava bene, la città era al sicuro protetta dalle Case maggiori che avevano messo temporaneamente da parte le loro divergenze ed erano di nuovo in pace, la foresta di Arborlon era saldamente in mano al Consiglio dei Signori del Bosco, i Tartax erano tornati nelle loro steppe dopo che il nuovo Khan, cugino del suo vecchio compagno d’armi Indigo, aveva siglato un patto di amicizia e alleanza con Thule e l’occidente, e perfino i traffici commerciali con la grande città portuale di Tamila erano ripresi, segno che l’ovest era pacificato e le strade erano tornate sicure. Borcha cominciava a sospettare di non essere tagliato per una vita tranquilla: cercava di darsi da fare il più possibile in caserma, migliorando la struttura militare tramite la sua esperienza sul campo, e addestrava al meglio i coscritti per farne i futuri guerrieri che avrebbero difeso la città dai pericoli esterni. Appena preso possesso del nuovo incarico si era subito dato da fare e aveva indetto una serie interminabile di addestramenti sul campo, in seguito ai quali aveva potuto individuare gli elementi più meritevoli, affidando loro compiti e ruoli chiave che in precedenza erano appartenuti a individui che, a suo giudizio, avevano ottenuto la carica come ricompensa per appoggi politici o semplicemente comprandosela. Nel contempo, non potendo estrometterli dalla Guardia Cittadina, aveva assegnato a questi ultimi incarichi che potesse facilmente controllare, onde evitare ogni tentazione di lassismo. A dar credito alle voci che giravano nel popolino in pochi mesi era diventato un esempio, acclamato in ogni uscita pubblica come alcuni suoi famosi e onorati predecessori, ma alcuni amici fidati avevano provato ad accennargli che così facendo si era creato in breve tempo un gran numero di nemici. La cosa non lo preoccupava minimamente, aveva sempre affrontato ogni problema quando si era presentato, e non aveva alcuna intenzione di preoccuparsi o guastarsi la vita per delle semplici voci. Svoltò rapidamente l’ultimo vicolo evitando per un pelo una torma di ragazzini che si rincorrevano gridando e si trovò di fronte all’ampia piazza d’arme che spaziava fra l’ingresso della porta Brighstorm e l’ingresso del poderoso complesso delle caserme: uno sguardo fu sufficiente per rendersi conto che c’era qualcosa che non andava. una trentina di giovani, vestiti con gli abiti semplici dei contadini, si spintonavano e gridavano all’unisono gesticolando animatamente, i volti accessi dalla frenesia di farsi ascoltare e da qualcosa che a Borcha sembrò qualcosa di simile alla paura: erano chiaramente le nuove reclute attese per la mattina dalla Marca della Cripta del Re. Il soggetto di tante attenzioni era il sergente della Guardia addetto alla sorveglianza della porta, che indietreggiava protetto da due guardie armate di alabarda che stentavano a contenere la piccola folla di giovani. “Calma – gridò Borcha con voce potente – che diavolo sta succedendo qui? Smettetela subito di gridare o per i nove inferi vi farò saltare qualche dente, così potrete mangiare solo zuppa fino alla fine dei vostri giorni”. I ragazzi, presi alla sprovvista, si bloccarono immediatamente e si voltarono tutti insieme verso di lui, in attesa. “Io sono Borcha, il responsabile del vostro addestramento, e i vostri culi di pastori e contadini apparterranno a me finché non ne farò culi di soldati o finché ve ne andrete da qui” tuonò avanzando lentamente fino a mettersi faccia a faccia con un giovanotto butterato e dai capelli rossi alto quanto lui. “Bene – riprese – ora che abbiamo fatto le presentazioni come le persone educate di città e ci siamo calmati tu, capelli rossi, parla anche a nome dei tuoi amici e raccontami cosa sta succedendo e per quale motivo un gruppo di coscritti venuti dalla campagna dovrebbero fare una tal caciara. Ah, quasi dimenticavo, vedi di darmi un motivo valido e di essere molto convincente, perché ho una mezza idea di mettervi tutti a pulire le latrine per un mese, tanto per cominciare”. Il ragazzo lo guardò con occhi impauriti ma sostenne lo sguardo, poi si diede un’occhiata intorno come per cercare aiuto ma quando si rese conto che i suoi compagni arretravano a piccoli passi fino a lasciarlo solo deglutì e si decise a parlare. “Il… il Lord… il Lord di Dark Shadow – furono le sue prime parole balbettanti – E’ tornato… Lui è tornato e dovete mandare l’esercito”.